martedì 3 maggio 2016

E Johnny prese il fucile

E Johnny prese il fucileDalton Trumbo
My rating: 5 of 5 stars

Joe è un bravo ragazzo americano partito per andare a fare la guerra in nome della libertà. In nome della libertà di un altro popolo, per la precisione. Un eroe, uno a cui dobbiamo molto. Uno dei tanti ragazzi partiti soldati integri nel corpo e nell'anima, dei quali però sarebbe stato meglio portare indietro la bara. Perché Joe è saltato su una mina, e di lui è rimasto un tronco: niente braccia, né gambe, né faccia, né occhi né orecchie. Un cervello intatto, chiuso in una scatola cranica, senza alcuna possibilità di contatto col mondo. Eppure, in questo libro che è un unico, lungo grido di dolore, Joe trova il modo di mettersi in contatto col mondo con quel poco che gli resta: la sua pelle, i muscoli del collo, il suo cervello intatto e una volontà ferrea. Nel suo cervello intatto Joe ragiona sui motivi della guerra, sull'ignobile armatevi e partite per cui chi fomenta la guerra poi, integro di gambe e braccia, distribuisce medaglie a chi per quella guerra che in fondo non ha voluto, e nemmeno lo interessava, gambe e braccia non ha più, e per dire questo trasforma il suo grido di dolore in una invettiva che dovremmo tenere a mente ogni volta che qualcuno suona le trombe di guerra. Chi andrà a combatterla? E in gioco la nostra libertà o gli interessi sono altri? Joe troverà il modo di far parlare il suo corpo e offrirsi come monito, come memento di quelle che sono le conseguenze vere e reali della guerra, ma, quando troverà questo modo, il suo messaggio verrà giudicato talmente rivoluzionario e pericoloso che la sua mente pensante verrà addormentata per sempre.
Uno stile di scrittura unico, una voce alta, chiara e diretta, per un libro che dovrebbe essere proposto più spesso come lettura.


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