lunedì 8 agosto 2011

Martin Eden

Martin Eden Jack London
My rating: 5 of 5 stars

Prima edizione 1909

Credo che la storia di Martin Eden sia ben conosciuta: da giovane marinaio e rozzo uomo del popolo a grande scrittore, che nel processo di cambiamento perde la sua identità, l'amore, e alla fin fine anche la vita.
Detto questo, Martin Eden è un urlo, un urlo continuo e sovrumano contro la mentalità borghese, contro i valori stereotipati, contro la mancanza di fantasia. Ma è anche un monito per chi fa di un individualismo sfrenato la vera ragione di vita, rammentando che un simile soggetto non potrà mai sopportare le convenzioni di vita correnti, con la loro mediocrità, il tedio, la disillusione e la depressione saranno i suoi soli guadagni, e potranno cessare solo con la morte data di propria mano.
Detto questo, alcune note:
1) ho potuto apprezzare veramente Martin Eden solo leggendolo in inglese, che due tentativi in due differenti traduzioni italiane mi avevano disgustato, sostituendo al potente linguaggio di London la melensaggine con cui in Italia si intende debbano essere scritti dei libri destinati a diventare classici, magari educativi per ragazzi.
2) Martin Eden non è un romanzo di formazione da destinare alle giovani menti, né è un libro di avventure, ma è uno scritto fortemente politico.
3) E' interessante notare come il rozzo linguaggio di Martin all'inizio del libro, il linguaggio della classe lavoratrice americana da cui egli si deve affrancare allo scopo di elevare la propria mente dandole gli strumenti per penetrare negli scritti dei grandi pensatori, sia oggi diventato a sua volta linguaggio politico attraverso il rap. Non so se London ne sarebbe disgustato o estasiato.

Prima lettura 7 giugno 2008
Candido è tornato, con tutto il suo incredibile ottimismo e fiducia nel mondo, si è incarnato in un marinaio americano moderno che crede nel mito del superuomo ed è convinto di poter raggiungere le vette del mondo. E le raggiunge, solo per accorgersi che tutto è vanità, che coloro che ha messo su un piedistallo, per potersi elevare al loro livello e infine superarli, in realtà su un piedistallo non ci sono mai stati, sono anzi creature meschine, infime.
Ovviamente, siccome in realtà nemmeno lui è un superuomo sebbene ne sia fortemente convinto, si lascia cogliere da uno scoramento così forte da assomigliare molto da vicino a un forte esaurimento nervoso e a uno spleen invincibile, che gli permetterà di esercitare ancora una volta la sua volontà solo col suicidio.
Il libro ha dei momenti molto belli, sciupati da una forte ripetitività e dalla continua incombenza del mito americano, e soprattutto, nell'edizione in mio possesso, da una traduzione sciagurata. Spero che le edizioni più recenti scrivano almeno "ubriaco" al posto di "ubbriaco".


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