Alessandro Perissinotto
My rating: 4 of 5 stars
Per evitare il terrorismo islamico, basta chiudere le frontiere, impedire ai migranti di entrare nelle nostre terre, mantenerci puri e duri nella nostra tradizione, nel nostro possesso del territorio. O no?
Forse in questo ragionamento c'è qualcosa che non va, visto che sempre più spesso i terroristi sono immigrati di seconda o terza generazione, istruiti, provenienti da famiglie laiche. Qualche tempo fa, dopo la terribile strage di Parigi, la madre di uno degli attentatori ha raccontato in televisione si essere stata felice quando suo figlio ha smesso di bere e di fumare erba, ma che adesso, col senno di poi, se avesse saputo che cosa c'era alla base di questo suo ravvedimento, il vino e l'erba sarebbe andati a comprarglieli di persona. Perché questi giovani in estremisti li abbiamo trasformati noi, con le nostre grida di padroni a casa nostra, molto spesso provenienti da chi fino a poco tempo fa le stesse grida le subiva dall'altra parte della barricata, e che così facendo si è costruito una società immaginaria, costringendo gli altri a fare lo stesso. Io sono io e voi non siete un cazzo, sembrano dire gli amministratori beceri che negano alla bella francese, la cui unica colpa è di avere genitori iraniani, di integrarsi nella loro società solo a causa della sua apparente diversità, che le dicono che è una puttana perché ha sposato un italiano, e via dicendo. E così facendo la spingono a conoscere meglio quell'universo di cui mai aveva avuto sentore, e a fare questa conoscenza dalla parte sbagliata, quella del noi contro di voi perché voi contro di noi.
La voce narrante è il marito della donna, accusato di essere suo complice nell'atto di terrorismo in cui lei si è uccisa, in un atto di vendetta nei confronti della sua innocenza, nel senso di accettazione del prossimo, perduta. E pur non essendo complice, l'uomo tuttavia non è estraneo ai fatti, perché ha lasciato cadere nel baratro del radicalismo un'anima pura. In questo senso il romanzo si accosta a L'attentatrice, di Yasmina Khadra, che non a caso viene citato.
Da leggere.
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