Lizzie Doron
My rating: 3 of 5 stars
Titolo originale Jamim schel scheket - 2005
Pubblicato in Italia 2010 da La Giuntina
E' la seconda volta in pochi giorni che mi capita in mano un libro che tratta un argomento che conosco poco, nonostante io abbia letto molto di quanto è stato scritto in merito al nazismo e alla Shoa, vale a dire il destino dei ragazzi e dei bambini, quasi tutti inesorabilmente orfani, emersi dall'orrore. Non sapevo quindi che quasi tutti questi bambini e ragazzi vennero attivamente cercati da organizzazioni ebraiche, che li trasportarono nel nuovo stato di Israele, dando loro una casa e una famiglia nei kibbuz.
Le giovane Leale però non riesce ad adattarsi alla sua nuova vita, né nel kibbuz né dopo, non riesce mai ad uscire dalla buca nella quale ha trascorso gli anni della guerra, a capire il mondo, a osservare qualcosa al di fuori di se stessa. Persino le persone che dice di amare, non sono reali, perché ne ama la versione che si è costruita di loro. Non si renderà mai conto dell'omosessualità del parrucchiere che si prende cura di lei dopo la morte del marito, non accetterà il matrimonio del figlio con una donna diversa da quella che gli avrebbe scelto lei, persino della morte Lea ha una sua personale versione, persino la morte è per Lea un burattino da far muovere sullo sfondo delle storie fantastiche che lei stessa si racconta.
Libro ben scritto, ma senza alcun barlume di speranza.
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