domenica 3 maggio 2015

Black Greek Coffee

Black Greek Coffee Konstantina Sozou-Kyrkou
My rating: 4 of 5 stars

Pubblicato il 28 novembre 2014 da Troubador Publishing LTD

Una faccia una razza, dice il proverbio che accomuna italiani e greci, eppure, almeno per quanto mi riguarda, questa è una Grecia del tutto sconosciuta, un mito come quelli che hanno originato le tante tragedie che il mondo antico ci ha tramandato. Un maschilismo ferreo che ritiene le donne responsabili di qualsiasi disgrazia, e che alle donne impone uno stato di dipendenza umiliante. Uomini quasi caricaturali nel rifiutare in nome della propria mascolinità di tagliarsi i baffi per eliminare i pidocchi presi in guerra, e che impongono ai propri figli maschi riti di iniziazione sanguinolenti per garantirsi che siano anch'essi impermeabili alla compassione. Eppure dietro questo maschilismo imperante compare, enorme e soffocante, la figura della Grande Madre, colei che, nella persona della madre riduce in schiavitù le figlie e lega a sé i figli maschi rendendoli inetti, nella persona della suocera tormenta la nuora per punirla di averle sottratto il figlio, e, nella persona della moralizzatrice, non esita a uccidere un figlio della colpa. E' un mondo onirico e terribile, ancora più terribile perché il linguaggio semplice e immediato di questi racconti fa sì che sia chiaro al lettore che non sono invenzioni.


A face a race, says the adage that equates Italians and Greeks, and yet, at least for me, this is a completely unknown Greece, a myth like those that gave rise to the many tragedies that the ancient world has bequeathed to us. A steely machismo that believes women responsible for any misfortune, and to women imposes a state of humiliating dependence. Men almost caricatural in rejecting, in the name of his own masculinity, to cut their mustache to eliminate lice taken in war, and that require their sons bloody initiation rites to ensure that they also may be impervious to emphaty. Yet behind this prevailing machismo appears, huge and suffocating, the figure of the Great Mother, the one who, in the person of the mother enslaves daughters and binds the sons to herself, making them inept; in the person of the mother-in-law haunts the daughter-in-law to punish her for having subtracted her the child, and, in the person of the moralizer, does not hesitate to kill a child of sin. It's a world dreamlike and terrible, even more terrible because the plain language of these stories makes it clear to the reader that they are not inventions.

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